Archeologia

Gela – Riemerge una nave greca del 500 A.C.

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Sono riemersi dal fondale argilloso del mare di Gela la chiglia e la ruota di poppa del relitto greco più grande trovato nel Mediterraneo: un’imbarcazione di 21 metri di lunghezza e 6,50 di larghezza, datata intorno al 500 avanti Cristo, unica nel suo genere per tipologia e stato di conservazione, del tipo “cucito” come la nave di Cheope e quelle di cui Omero fa cenno nel secondo libro dell’Iliade. 

Il recupero è stato eseguito il 28 luglio grazie ai finanziamenti del Por 2000-2006 coordinato dall’assessorato regionale ai Beni culturali e dalla soprintendenza di Caltanissetta che lo stesso giorno presenterà il progetto ‘Dal mare al laboratorio… al museo”.  

La parte del relitto di oltre 11 metri è stata recuperata con una lunga “barella” di rete metallica e con i mezzi messi a disposizione dalla Capitaneria di Porto di Gela, completando così la precedente operazione effettuata nell’ottobre del 2003 che riportò a galla la prua.

Cinque anni fa furono recuperati coppe, lucerne, crateri attici, ceramiche di fattura greca e persino canestri in fibra vegetale per il trasporto delle merci furono scoperti ritrovamenti di strutture portuali, costituite da muri in mattoni crudi ben conservati, alti quasi 3 metri e dotati di porte e finestre. Era l’emporio arcaico di Bosco Littorio, il luogo dove venivano smistate le merci provenienti dalla Grecia.  

L’insieme delle scoperte a terra e in mare dimostrano come Gela fosse un centro commerciale e di smistamento di primaria importanza tra il VI e il V secolo avanti Cristo. Grazie a questo rinvenimento, infatti, è stato possibile ricostruire la storia del Mediterraneo: dalle numerose anfore chiote, attiche, puniche, lesbie, corinzie di tipo A, massaliote e samie recuperate, si è risalito ai prodotti che venivano smerciati; dai suppellettili di cambusa per l’uso quotidiano dell’equipaggio e dalle carcasse di animali trasportati sono stati tracciati usi e costumi dei marinai; e ancora, dalle preziose statuette lignee, al vaglio degli archeologi della Soprintendenza, è stato possibile ricostruire le peculiarità delle cerimonie di culto in navigazione.  

La diversità del carico di merce trasportato suggerisce l’ipotesi che la nave dovesse aver toccato durante la rotta porti e approdi che fungevano da punti di smistamento dei prodotti.L’esame del materiale ritrovato consentirà di identificare nel bacino dell’Egeo il luogo di provenienza della nave, anche se essa toccò poi i porti dell’Attica, il Falero, vista la presenza di materiale a vernice nera e figurato recuperato, e quindi alcuni porti della costa siciliana, come attestano i campioni già analizzati di pietre pertinenti alla zavorra.

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